venerdì 22 settembre 2017

Gusti di Frontiera 2017: dal riso alla frutta

Nonostante quest'anno non abbia potuto darmi a maratone birrarie, non ho comunque disdegnato un giro alla manifestazione goriziana Gusti di Frontiera: un tour che mi fa sempre piacere, nonché occasione per conoscere gente nuova e rivedere vecchi amici. E in effetti già all'ingresso di Corso Italia ho fatto una nuova conoscenza, l'azienda agricola Palcoda di Fanna (PN), che all'attività principale di allevamento di capre e pecore - da cui ricava una notevole varietà di formaggi - affianca la coltivazione dell'orzo, appoggiandosi poi all'agribirrificio Santjago di Vittorio Veneto come beerfirm. Una scelta, hanno spiegato, dovuta anche alla volontà di appoggiarsi ad un'altra azienda agricola (qual è in effetti Santjago), così da trovarsi in maggiore sintonia in quanto a filosofia di lavoro. Due per ora le birre prodotte su ricetta Palcoda, ed entrambe rivelano una certa passione per le aromatizzazioni di impronta belga: una blonde ale all'arancia amara, e una amber ale al coriandolo.

La seconda nuova conoscenza l'ho fatta a poca distanza da lì, il mantovano birrificio Luppolajo; non era presente tramite il birraio, ma il ragazzo allo stand ha comunque fatto un buon lavoro nell'illustrarmele. Su suo consiglio mi sono concessa un assaggio della Gem Session, una session ipa al riso. Luppolatura delicata su toni floreali con sottofondo di agrume, quasi bergamotto; snella e fresca nel corpo, con finale secco e pulito, di un amaro senza compromessi ma elegante e non troppo persistente. Dissetante, gradevole per le giornate calde, ben costruita nella sua semplicità.

Chi invece ha fatto un lavoro di costruzione un po' più elaborato con la sua nuova creatura è Lorenzo Serroni di The Lure, che mi ha presentato ("Ma senza insistenze eh, capisco...."....e capirai Lure', già le pinte intere invece degli assaggini me le sogno di notte da quattro mesi, questa è istigazione a delinquere) la sua nuova Black or Fruit. Trattasi di una "black juices ipa", ossia una base di black ipa di 6 gradi alcolici a cui è stata aggiunta poco più che la stessa percentuale di succo di vari frutti tropicali (ananas in primo luogo); per la quale Lorenzo ha studiato un mix di luppoli sloveni dagli aromi fruttati tale da accompagnare il succo. In effetti all'aroma i luppoli e la frutta propriamente detta - dai toni di ananas, a quelli di frutto della passione, di uva spina e affini - si armonizzano in maniera tale da risultare quasi indistinguibili. Devo dire peraltro che la frutta, pur percepibile, rimane più sullo sfondo di quanto mi sarei aspettata, accompagnando aromi e sapori senza però risaltare: anche nel corpo, snello nonostante la complessità dell'insieme e il grado alcolico, protagonisti rimangono i malti tra il tostato e il caramellato, mentre la frutta va a dare solo una "nota di colore"; salvo lasciare il posto sul finale ad un amaro citrico che, pur non troppo robusto, è comunque deciso e ben persistente. Nota di merito poi per la schiuma, densa, saporita e ben perisstente, da addentare. Dato che mi sono trovata più volte ad osservare che Lorenzo, rimanendo fedele alla sua prima passione, fa birra come si fa musica - magari si possono anche sperimentare note audaci e dissonanti, ma alla fine si rispettano le regole base dell'armonia e nove volte su dieci si risolve sulla tonica - potrei dire un po' lo stesso anche questa volta: la birra rimane una birra, non una spremuta di ananas, e la frutta fa solo da accompagnamento alla linea melodica principale. Dato l'equilibrio nella complessità si nota che c'è stato un certo lavoro volto ad ottenerlo - e anche qui non posso che ripensare al musicista, che studia fino allo sfinimento lo stesso pezzo finché non esce "pulito". Insomma, da questo punto di vista, l'artigiano (birraio o quel che sia) e il musicista si assomigliano.

Naturalmente sono molti altri gli stand di birra artigianale presenti a Gusti di Frontiera, a cominciare dalla Birroteca dell'Associazione artigiani birrai Fvg in Via Rastello con 16 birre a listino; più altri quali Meni, Foglie d'Erba, Antica Contea, Campestre, Zahre, Campagnolo, Il Birrone, Grana 40, Casa Veccia ed altri ancora. Insomma, come prevedibile, non c'è il rischio di patire la sete...


martedì 19 settembre 2017

Anche i "makers" fanno gli homebrewer

Ok, partiamo dalle basi: non è detto che tutti sappiano cos'è un "maker". Almeno, io ammetto candidamente di non averlo saputo fino a quando, un paio d'anni fa, Enrico mi ha portata per la prima volta al Mini Maker Faire di Trieste, tappa giuliana di questa manifestazione nata a San Francisco e che riunisce appunto i "makers" - termine traduicibile in italiano con l'espressione "artigiani digitali", coloro che in piccoli laboratori o in casa sfruttano le nuove tecnologie per più o meno piccole (e più o meno bizzarre, diciamo la verità, ma è lì che sta il bello) realizzazioni ingegneristiche o robotiche. Anche quest'anno Enrico mi ha voluta portare, facendo leva sull'annunciata partecipazione di un maker che aveva realizzato un innovativo software di controllo per l'homebrewing: non sono homebrewer, mi sono detta, però può essere interessante.

Così sono andata a conoscere il giovane pordenonese Andrea Fantin (a destra nella foto) che con il suo laboratorio Imelab ha prodotto IMEbrew, definito come "The Italian homebrewing system" (il sistema homebrewing italiano). Trattasi di un ingegnoso aggeggino (passatemi il termine ironico) in grado di gestire in maniera integrata l'intero processo, dall'ammostamento alla fermentazione, grazie alla possibilità di installare fino ad otto sonde; e che è stato pensato come facilmente configurabile a piacimento e quindi personalizzabile, in base al numero di pentole disponibili, alla ricetta (se ne possono memorizzare fino a 20, impostando in automatico tempi e temperature di ammostamento, tipi di malti e di luppoli utilizzati, e ogni altro parametro utile). C'è poi la possibilità di visualizzare i grafici delle temperature in tempo reale, esportare i dati su scheda SD, importare le ricette tramite software apposito, ed una serie di altre funzionalità (illustrate nella pagina che vi ho linkato sopra, per chi fosse interessato).


Mi esimo da valutazioni tecniche dato che non ho provato IMEbrew, né sono un'esperta di elettronica; comunque Andrea mi ha riferito di aver già ricevuto manifestazioni di interesse da parte di alcune aziende per quanto riguarda la distribuzione - intende invece ad ora mantenere in casa la produzione, senza vendere l'idea. Da notare anche il fatto che, nell'anno e mezzo di lavoro che è servito per mettere a punto IMEbrew, Andrea è andato avanti con capitale proprio, senza l'aiuto di alcun finanziatore: il che evidenzia un altro handicap conclamato del nostro sistema economico, in cui i giovani creativi si trovano a dover fare da sé in quanto a fondi per sviluppare le proprie idee.

IMEbrew non è ancora distribuito sul mercato; ma Andrea ha già fornito alcuni prototipi a degli homebrewer che l'hanno contattato personalmente, e che gli stanno dando feedback dettagliato sul funzionamento - tutte informazioni utili, naturalmente, per l'affinamento delle prossime versioni. "Per ora il feedback ricevuto è molto positivo - ha assicurato -, per cui sono fiducioso di essere pronto ad uscire sul mercato in tempi relativamente brevi". Bocche cucite per ora in quanto al prezzo, ancora da determinare - sulla base anche dei futuri interventi apportati e di eventuali accordi di distribuzione; se interessati, non vi resta che continuare a seguire le vicende di Andrea...

martedì 12 settembre 2017

Un altro ritorno da Sancolodi

Per festeggiare degnamente il nostro quinto anniversario di matrimonio, io e Enrico siamo tornati - dopo tanto tempo, peraltro - in quel del "brewrestaurantpizzeria" (come l'ho scherzosamente soprannominato) Sancolodi di Mussolente: sempre un piacere non solo per l'ottima birra e l'ottima cucina, ma anche per l'atmosfera di famiglia che vi si respira (come già ho avuto modo più volte di considerare).

Ad accoglierci per primo è stato Roberto, pizzaiolo e birraio appassionato soprattutto del segmento sour, che - dopo averci parlato dei progetti per sviluppare ulteriormente questo comparto, rimanete sintonizzati per la novità - ci ha fatto assaggiare alcune delle ultime creazioni. Innanzitutto l'ultima versione della Kriek, con quasi il 30% di ciliegie di Marostica - conosciute in quanto particolarmente succose e saporite, virando quasi verso l'amarena. E in effetti si tratta di una kriek in cui la frutta spicca in maniera particolarmente intensa, con una dolcezza delicata ed elegante, tale da smorzare pur senza obliterare del tutto la componente acida. Personalmente l'ho anche trovata meno astringente sul finale rispetto ad altre dello stesso stile.

In seconda battuta siamo passati ad una creazione piuttosto originale, ossia una lager chiara con una base che rimanda però alle blanche - orzo, farro e segale - e succo di limoni di Sicilia - con tanto di estrazione in soluzione alcolica dell'aroma del limone (chiedo scusa per la foto che non rende giustizia alla schiuma, che in realtà era ben presente, fine e compatta, in virtù dell'attenzione riservata al non avere una componente tropo alta di olii essenziali per non pregiudicarla). Profumi intensissimi, quasi da limoncello, che si accompagnano a quelli dei cereali; in quali ritornano in forza e a sorpresa dopo un corpo solo apparentemente scarico, che va immediatamente a chiudere sui toni freschi quasi appunto da blanche. Decisamente curiosa, da provare se vi piace il genere - e no, non è una radler, ma proprio neanche parente.

Da ultimo, dopo la cena che come sempre non ha deluso - ricchi spaghetti allo scoglio per Enrico, e tagliata di tonno per me (tanto morbida che questa sì che si tagliava con un grissino, altro che scatolette) - il pezzo da novanta per chiudere la serata: stout passata in botti di whisky Long John. Nonostante il breve passaggio (poco più di un mese), la birra presenta comunque notevoli particolarità che me l'hanno fatta definire "un tiramisù": intensissimi aromi tostati di caffè che salgono da sotto la schiuma compatta, e una cremosità al palato che unisce toni dolci, amari e liquorosi amalgamandoli con eleganza, prima di chiudere tornando su persistenti note di caffè. Senz'altro una birra decisamente impegnativa, che verrebbe quasi voglia di affrontare con un cucchiaino tanto appare cremosa e corposa. Per palati forti, ma di grande soddisfazione.


Di nuovo un grazie a tutto lo staff, che ci ha come sempre accolti con la massima cordialità; ora ci sono in cantina due sour che attendono, rimanete sintonizzati...

lunedì 11 settembre 2017

Quando la birra incontra il cioccolato

Venerdì 8 settembre ho avuto il piacere di condurre, nell'ambito di Friulidoc, la degustazione "Quando la birra incontra il cioccolato", organizzata da Confartigianato Udine negli spazi di Lino's&Co.: l'intento era quello di promuovere due prodotti artigianali della Regione, ovvero le birre artigianali dell'Associazione Artigianli Birrai Fvg, e il cioccolato di Adelia Di Fant - piccolo ma golosissimo laboratorio di cioccolato e distillati in quel di San Daniele (Udine), fidatevi che le praline alla grappa stravecchia valgono da sole un viaggio fino a lì. Birra e cioccolato non è certo un binomio nuovo, ma qui ho voluto affrontare una sfida più ampia: ossia quella di andare oltre il classico abbinamento birra-stout, sfruttando la grande varietà del repertorio cioccolatiero di Adelia per mettere in gioco anche altri stili; e devo dire che la cosa mi ha riservato parecchie soddisfazioni.

Siamo partiti con la Orzobruno di Garlatti Costa, abbinata al cioccolato fondente monorigine Sao Tomé. Una belgian strong ale bruna, dai classici profumi tra lo speziato e la frutta sotto spirito; tostata in bocca con note di caffè, cioccolato, frutta secca e prugna, e un finale secco ed erbaceo per il genere - Severino usa luppoli inglesi. La cosa ha costruito a mio avviso un interessante "ponte" con questo cioccolato dalle sfumature di tabacco e lieve acidità, fondendo il tutto in bocca in una complessa rosa di sapori che arriva infine ad unirsi.

Abbiamo poi proseguito con la brown ipa Mr Brown di Birra 1077 e il fondente monorigine Uganda. Questo abbinamento era forse la sfida maggiore, in quanto si trattava di accostare al cioccolato una birra dall'intensa luppolatura balsamica con note di agrume, ben percepibile sia in aroma che in chiusura; e che a sua volta già presentava una certa complessità dato l'unirsi di questi toni a quelli tostati, tra il caffè e il cioccolato, del malto. Ho così scelto una cioccolata sì fondente ma leggermente più dolce della precedente, dato il tocco di vaniglia che viene aggiunto; e che - a mio avviso - andava a smorzare le punte più intense dell'amaro. Qualcuno al contrario ha trovato che andasse ad esaltarlo ulteriormente per contrasto, a conferma del fatto che la componente soggettiva nelle degustazioni rimane sempre una variabile importante.

Più classico il terzo abbinamento, cioccolato fondente al peperoncino con la milk chocolate stout Eclissi di Villa Chazil: non sono certo una novità né il cioccolato al peperoncino né le stout al peperoncino, per cui questo gioco in cui toni tostati e piccanti si esaltano reciprocamente è senz'altro un sempreverde apprezzato - almeno da chi ama il piccante, beninteso. Stiamo parlando peraltro di una stout che ha una sua delicatezza, data la nota dolce del lattosio, per cui risultava ancor meno "invadente" di altre rispetto al peperoncino.

Da ultimo, chiusura in bellezza con il barley wine di Borderline - maturato per sei mesi in botti di whisky Islay e imbottigliato a novembre 2016 - e il cioccolato fondente con Pimenton de la Vera, particolarissima paprika dolce e affumicata di origine spagnola, dai caratteristici aromi torbati (Adelia è l'unica in zona ad utilizzarla nel cioccolato, per cui si tratta di una piccola chicca). Fin troppo invitante quindi accostarlo a questo barley wine con cui ha evidenti analogie, dai toni appunto torbati, al calore avvolgente dovuti da un lato alla complessità tipica dello stile e dall'altro alla spezia. Senz'altro quindi l'abbinamento più azzeccato per una chiusura da "dulcis in fundo", trattandosi di quello che ha unito il massimo dell'intensità sia sotto il profilo della birra che delle cioccolata. Una nota infine per il nocciolato offerto "extra" da Adelia Di Fant, fuoriprogramma assai apprezzato.

Di nuovo un ringraziamento a Confartigianato Udine, Lino's&Co., Adelia di Fant, l'Associazione Artigiani Birrai Fvg - in particolare nella persona di Severino Garlatti Costa, presente alla degustazione - per quello che ho trovato essere un evento particolarmente ben riuscito grazie all'impegno di tutti: dalla cura di Adelia nel preparare i cioccolatini monoporzione, a quella dei birrai nel selezionare birre adatte all'occasione (e a monte nel farle, naturalmente), all'intesa creatasi tra me e Severino nella conduzione che ha a sua volta creato intesa con il pubblico presente, all'impegno di Confartigianato per tutti gli aspetti organizzativi, alla disponibilità di Lino's&Co. nel concedere gli spazi. Un esempio di come, quando si lavora insieme e con entusiasmo, la differenza si vede.

martedì 5 settembre 2017

Così passa la gloria del mondo

Già, per quanto il latino a scuola non mi sia mai dispiaciuto, "Sic transit gloria mundi" mi sembrava un po' troppo altisonante come titolo di un post; ad ogni modo, è proprio a questo celebre detto che si rifà Gloria Mundi, beerfirm (si appoggiano a Collesi) di Serrungarina (Pesaro-Urbino). Il marchio è sul mercato da un anno e mezzo; ma, mi ha spiegato Margherita, responsabile marketing e comunicazione, il processo di elaborazione delle ricette e di scelta dello stabilimento a cui affidarsi per la produzione era partito già tempo prima. Forte dell'apporto di un mastro birraio dal Belgio, è appunto quella belga l'impronta scelta da Gloria Mundi per le sue birre - una bionda riconducibile alle tripel, e una rossa che si rifà alle dubbel; il tutto "condito" da una storia, in parte reale e in parte romanzata (almeno così mi ha spiegato Margherita) su come tal visconte Edoardo di Montebello, messosi in viaggio verso l'odierna Vallonia dopo aver visto i soldati dell'esercito del Barbarossa bere un "elisir dorato", abbia riportato in patria la ricetta e terminato il racconto di questa sua avventura con la frase "sic transit gloria mundi", in una lettera ad un amico.

Volentieri ho quindi colto l'invito ad assaggiarle, tanto più che la Rossa e la Bionda hanno vinto rispettivamente l'oro e l'argento italiano per la propria categoria al World Beer Awards 2017 (in entrambi i casi, giova notare, dietro a Collesi: Country Winner con la sua Triplo Malto e con la sua Rossa). Dovendola abbinare ad una cena di carne alla griglia, sono capitata per prima sulla rossa: una dubbel belga "da manuale", aromi dalla frutta matura, alla frutta secca e sotto spirito, alle spezie, al caramello, con qualche leggera tipica nota di lievito belga, aromi che evolvono con la temperatura. Molto calda, piena e dolce in bocca, qualche remiscenza quasi di brandy, finale caldo, dolce con una punta alcolica abbastanza persistente. Una classica belga appunto, tra le dubbel brune e le birre d'abbazia, senza particolari fronzoli né reintepretazioni ma pienamente aderente allo stile e fatta secondo i canoni (sotto questo profilo, non mi stupisce che sia stata apprezzata dai giudici al concorso).

Simile il discorso per la Bionda, stappata un paio di sere dopo (questa dopo pasto, accompagnandola semplicemente con della frutta secca). Anche in questo caso una tripel "da manuale": aromi di frutta matura, spezie, leggero fenolico da lievito ma nei limiti; corpo sì pieno, dolce e maltato ma relativamente snello per lo stile, rendendola discretamente beverina in rapporto al grado alcolico. Anche qui chiusura calda e dolce con qualche lieve nota liquorosa. Personalmente l'ho trovata meno caratterizzata della rossa, però come già detto vale lo stesso discorso: una birra fatta rigorosamente secondo i canoni, senz'altro atta a farsi apprezzare in un contesto come quello di un concorso. Certo potrebbe essere rivolta l'osservazione che birre fatte così "da manuale" (e non è certo solo il caso di Gloria Mundi) mancano di personalità, intesa come sorta di "tocco di riconoscibilità" rispetto ad altre dello stesso stile; è però altrettanto vero che l'intenzione dichiarata è appunto quella di rifarsi al modello belga in maniera fedele, per cui il risultato è coerente con il proposito.

Detto ciò, Friulidoc si avvicina, rimanete sintonizzati...