martedì 3 maggio 2016

Una serata al Cooper's

Da tempo mi era stato consigliato di farmi un giro al Cooper's di Usago (Pordenone), brewpub che serve la birra Praforte: e l'occasione si è presentata qualche giorno fa, dato che la cosa avrebbe implicato una deviazione relativamente breve sulla via di casa (che poi, quando è per bere una buona birra, la deviazione è sempre "relativamente" breve).

Il locale è ampio e accogliente, con tre sale arredate in maniera diversa - dalla sala Vichinga alla sala Van Gogh -, attorno al "fulcro concettuale" del grande bancone centrale; e il birrificio è una sala attigua, visibile attraverso le vetrate. Dopo che ci era stata servita la cena - un piatto locale, la "Balota", una "palla" di polenta ripiena di formaggio asìn e spolverata di ricotta - abbiamo avuto modo di fare una piacevole chiacchierata con il proprietario - nonché agricoltore (il mais biologico per la polenta viene dai suoi campi) e mastro birraio - Walter Magris, davanti a due delle quattro birre in produzione - la bionda e la rossa (ci sono rimaste da assaggiare la nera e la Alpina, versione più leggera e luppolata della bionda).

La discussione è partita dalla mia impressione della bionda: mentre la rossa - una Vienna - mi era apparsa pienamente rispondente a ciò che mi sarei aspettata, con il caramello della maltatura bilanciato da un amaro secco e netto ma non invasivo sul finale, la bionda mi aveva invece stupita. Descritta come una helles, con un delicato aroma tra il mielato del malto e il floreale del luppolo, al corpo rivela una pienezza inaspettata, con il cereale che fa uscire tutta la sua componente di pane fragrante e miele. L'insieme mantiene una buona rotondità ed un equilibrio finale, con una chiusura morbida e pulita in cui la componente dolce e quella amara si "annullano" bilanciandosi. Ho quindi concluso che, se la rossa è sì ben fatta, ma non "unica", la bionda invece porta un "marchio di fabbrica" del Cooper's, che ho apprezzato per la maniera in cui il mastro birraio ha saputo caratterizzare il corpo dipingendo allo stesso tempo un quadro finale senza sbavature.

Da qui è quindi partito il racconto di Walter sucome gli piaccia lavorare in assoluta libertà, senza pensare troppo allo stile di riferimento: del resto, sedici anni di onorata attività di brewpub (e venti di apertura del locale) gli hanno dato il tempo di affinare le ricette, nonché l'esperienza per andare anche al di là delle regole se ritiene di farlo. Vent'anni di progressi lenti e costanti dell'attività, tra locale, birrificio e azienda agricola: per ora Walter ha ritenuto di non fare il passo dell'agribirrificio, in futuro si vedrà.


L'impressione che mi ha lasciato la chiacchierata con lui è quella di un "artista solitario" (non perché scontroso, ma perché ama fare da sé e suo modo), che nella sua casa di campagna porta avanti la sua opera secondo le sue idee, senza preoccuparsi troppo di opinioni esterne, marketing e affini. Del resto è fedele alla filosofia del brewpub: per cui punta ad un prodotto pensato per essere gustato al meglio lì direttamente dai suoi tank e davanti a un buon piatto di prodotti locali, più che alla commercializzazione in altri luoghi - magari distanti, con tutto ciò che questo implica per le basse fermentazioni (la nera è l'unica ad alta). Devo ammettere peraltro che anche il quadro bucolico, nel mezzo della campagna, aiuta a godere una buona birra (specie in una sera di primavera o d'estate): per cui come dar torto a Walter nell'invitare a degustarla lì...

Nessun commento:

Posta un commento