martedì 17 febbraio 2015

Dalla "birra da divano" a quella di Naon: una giornata al Cucinare

Come preannunciato, ho fatto visita al Cucinare in Fiera a Pordenone - per chi non la conoscesse, un'esposizione dedicata all'enogastronomia e alle tecnologie per la cucina. Quest'anno purtroppo la presenza di birrifici artigianali era assai più limitata rispetto all'anno scorso - gli unici presenti erano Meni, Petrussa, e un altro di cui parlerò dopo - ma ho comunque avuto modo di scoprire numerose curiosità e prodotti interessanti anche al di fuori del mondo birrario: cito ad esempio quelli della distilleria Buiese, che ha elaborato l'amaro Lusor con ben 17 erbe insieme all'università di Udine; o la crema al limone del Donna Frida, fatta ancora unicamente con latte, limone, alcol e zucchero in contenitori di vetro come da ricetta della nonna del titolare; i formaggi dell'azienda agricola San Faustino di Ceto (Brescia) e della San Gregorio di Aviano; o ancora le specialità campane del biscottificio De Pascale di Salerno, e quelle senza glutine della pasticceria Bianconiglio di Aviano. A colpirmi di più è stata però la trovata della Home Made, che vende preparati per dolci con farine "insolite" - dalla segale da altri cereali pressoché sconosciuti - confezionati i vasi di vetro e disposti in maniera "artistica", a mo' di vaso decorativo: della serie, è quasi un peccato usarli perché sono proprio belli (oltre che buonissimi, devo dire).

Venendo alle birre, ho avuto modo di scoprirne una nuova: la pordenonese Birra di Naon, prodotta come beer firm presso un'azienda agricola di Nespoledo - di cui utilizza l'orzo - in due tipologie. La prima è una lager chiara, ma facendo uso - parecchio pesantemente, peraltro - di luppoli americani come il citra risulta alla fine di un pungente aroma agrumato che potrebbe farla credere una pale ale: il risultato finale non fa comunque gridare al sacrilegio, perché è di assai piacevole beva, dissetante e dal finale fresco; ed ho trovato si abbinasse bene anche al formaggio latteria 60 giorni a latte crudo della Latteria di Aviano, al quale era stato proposto l'accostamento. Se la lager chiara ha una sua originalità, la ale ambrata mi ha impressionata di meno: non perché avesse difetti apparenti o fosse poco piacevole al gusto, ma perché non vi ho colto alcun, diciamo così, "tocco di maestria". Insomma, una ale ambrata "classica", che giudicherei molto versatile negli abbinamenti con le carni proprio in virtù dell'assenza di sapori pronunciati che sovrasterebbero gli altri. L'abbinamento proposto era questa volta con il formaggio latteria della Latteria Gortani affinato nelle trebbie; ma l'ho trovato meno indovinato, in quanto l'accostamento con un formaggio più saporito sarebbe indubbiamente più appropriato.

L'altra conoscenza che ho fatto non è stata di un nuovo birrificio ma di una nuova birra, la Xyauyù di Baladin nella versione Fumé: un barley wine maturato dodici mesi in botti di whisky scozzese, che conferiscono il caratteristico aroma torbato. A proporne la degustazione era il - già noto ai lettori di questo blog - Club del Toscano di Marco Prato, in abbinamento al sigaro Modigliani; personalmente ho però apprezzato di più quello al Biscotto di Pordenone con composta all'albicocca e curry, proposta da un altro sponsor della manifestazione. Non so se il birraio Teo Musso avesse definito la sua linea Xyauyù - tre versioni di barley wine - "Birra da divano" in virtù dei suoi 14 gradi alcolici - della serie: bevila seduto comodo, perché non ti potrai rialzare subito: di sicuro è una birra che va bevuta con calma, assaporando ogni piccolo sorso così da gustarne appieno gli aromi - ancor più apprezzabili in virtù dell'assenza di gasatura, come in tutti i barley wine. All'olfatto il torbato risalta in maniera assai netta, facendo presagire un sapore altrettanto robusto nel corpo; in realtà il mix tra le note di whisky, quelle di malto caramellato e i sentori torbati è ben equilibrato, risultando in un corpo ben pieno e rotondo. Il finale è più secco di quanto ci si potrebbe aspettare da una birra di questo genere: pur rimanendo dolce non è affatto stucchevole, in quanto il caramello lascia spazio ad una punta di amaro data dal connubio tra il torbato che ritorna e leggere note di frutta secca. Insomma: dopo una birra del genere avrete probabilmente una sete pazzesca - dato che un corpo e un grado alcolico così impegnativi di certo non rinfrescano -, ma sarete piacevolmente soddisfatti...

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