mercoledì 23 aprile 2014

Mastro birraio, parte quarta: arrivano i Sanniti

Al Rhex di Rimini, parlando del Saint John's Beer in questo post, avevo commentato come non mi fosse mai capitato di conoscere birrifici del Sud Italia. Ebbene, a Santa Lucia ho fatto il bis con il Birra Pentra di Cusano Mutri (Benevento), nato nel 2012 dalla passione per la birra dei due amici Daniele Pascale e Pasquale Petrillo. E proprio Pasquale mi ha guidata alla scoperta non solo delle loro birre, ma anche dell'osco, l'antica lingua dei Sanniti pentri - una delle quattro tribù che componevano questo popolo -, e della loro cultura.


Eh già, perché i nomi delle loro birre - nonché del birrificio, "Pentra", dalla radice celtica "Pen" che significa "sommità" - vengono tutti quanti da questa storia ormai millenaria. Se nomi come "Alfu" (bianco) e "Rufu" (rosso) è facile indovinare, una volta tradotti, che stiamo ad indicare rispettivamente la blanche  e la bruna, più curiose sono la "Zurr", "caprone", che ha dato battesimo alla bock in quanto animale simbolo delle birre di questo genere, o la "Fluusai", dal nome della dea dei germogli venerata dai Sanniti, che ha invece finito per essere associata ad un'ambrata in stile American Amber Ale. Ma non manca nemmeno il dialetto sannita odierno, con la "Castagn'", prodotta con una miscela di malti e - indovinate un po'? - castagne, e al "Vern'Ale", una stagionale speziata brassata in inverno, appunto "Vern" in dialetto sannita.

La più curiosa però è, sia per il nome che per la birra in quanto tale, la "Patanai Piistiai", "La dea della vinificazione e dell'apertura delle spighe - ha spiegato Pasquale -: a quanto ne so, i Sanniti erano l'unico popolo ad avere una divinità del genere". Perfetta quindi come nume - e nome - tutelare per una birra chiara ad alta fermentazione con mosto d'uva falanghina - tipica della zona -, aggiunta in fase di fermentazione. Lo ammetto: per quanto quella di "incrociare" birra e vitigni sia una strada sempre più battuta, personalmente i risultati non mi hanno mai entusiasmata: sarà perché non sono un'appassionata enologa, sarà perché se voglio bere una birra mi lascia perplessa il fatto di ritorvarmi in bocca sentori di vino, quando Pasquale me ne ha offerto un assaggio ero a dir poco scettica. Questa volta, però, non sono rimasta delusa. Se il mosto è infatti parecchio evidente all'aroma, nel corpo riesce ad equilibrarsi bene con la miscela di malti, senza andare a sovrastarli. Certo rimane una birra molto dolce e liquorosa anche alla persistenza, per cui se siete dei cultori del luppolo magari non fa per voi; però, se siete tra quelli che normalmente non apprezzano le birre con l'aggiunta di mosto, questa volta vi consiglierei di fare una prova. In fondo, tutti meritano un'altra possibilità. Anche le birre...

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