giovedì 13 marzo 2014

E chi l'ha detto che col malto si fa solo la birra

Dopo la degustazione guidata di birre organizzata nella sede di Friuli Future Forum - di cui avevo parlato in questo post -, che mi aveva lasciata particolarmente soddisfatta, ho accolto con piacere l'invito ad un altro appuntamento, questa volta sul mondo del pane e sulle nuove vie che la panificazione sta prendendo. Sempre sotto l'abile guida di Walter Filiputti, protagonista della serata è stata Ada Pinzano - dal significativo soprannome di "Ada Pan" - titolare del Forno Arcano di (appunto) Rive d'Arcano. Una tipa tutto pepe che, dopo aver fondato in gioventù il primo circolo macrobiotico di Udine "Il risveglio", ha iniziato a fare il pane "per quella gabbia di matti" (parole sue) senza alcuna esperienza pregressa: tutto nasceva come un esperimento, più o meno riuscito a seconda dei casi. Ed è lo stesso spirito che anima oggi il suo panificio biologico, che tiene a definire "un laboratorio" appunto per questo motivo. "Mi piace sperimentare soprattutto con le farine - ha spiegato -: avena, riso, frumento, integrale".

Ad iniziare la sua presentazione è stata quella che a me è sembrata una sorta di mostro, la pasta madre: un impasto la cui lievitazione non si interrompe mai - tanto che va tenuta legata in un panno, in un vaso a chiusura ermetica o in un sacchetto - ed è utilizzato come base per gli impasti successivi. Si fa sempre con la farina bianca, ha spiegato, e ci si aggiunge il malto per stimolare i batteri della lievitazione: ecco qui, ho pensato, dal lievito al malto, il legame tra mastri birrai e panettieri è stretto.

In effetti, man mano che procedevamo in questo viaggio di riscoperta di antiche tradizioni panettiere, non potevo che fare continue associazioni con la birra. Un viaggio che parte dal recupero di cereali un tempo comuni in Friuli ed ora caduti in disuso, come il miglio, che è tornato a popolare i campi grazie al Parco alimentare di San Daniele: "E' piuttosto amaro e si ossida facilmente - ha spiegato la buona Ada -, per cui la farina va impastata subito". Oppure il grano saraceno, che grano non è né cereale perché appartiene alla famiglia delle poligonacee, originario dell'Asia centrale e coltivato in Europa sin dal 1500: "Il gusto può lasciare perplessi perché non ci siamo abituati - ha ammesso -, ma vale la pena provare gusti nuovi nel pane".

Gusti nuovi che molto spesso nuovi non sono, ma semplicemente il recupero di antiche ricette. Ada è infatti l'unica produttrice di Pan di Sorc - chi si fosse perso la spiegazione di che cos'è, clicchi qui e qui - grazie al sapere del vecchio panettiere di Buja, che le ha insegnato a creare questo impasto di farina di segale, frumento e mais cinquantino, tutti rigorosamente coltivati e macinati a Gemona del Friuli; nonché della torta di segala, dal colore scuro, a lei tramandata da una vecchia nonna. Insomma, meno male che con lei lavorano i figli, altrimenti tutto questo lavoro di "salvataggio" andrebbe perso col suo pensionamento.

I collegamenti alla birra di cui parlavo, naturalmente, hanno iniziato ad venirmi alla mente quando - finalmente, dato che tutte queste descrizioni e il profumo di pane nel forno avevano stimolato l'appetito - siamo passati alla degustazione: ciascun tipo di pane o di dolce, infatti, mi richiamava alla mente un diverso tipo di birra. Con il primo, il pane all'avena, dal sapore delicato ma del tutto peculiare, avrei visto bene una blanche che ne esaltasse i profumi freschi senza coprirlo: magari una Blanche de Sarone di Valscura, oppure - rimanendo sulla falsariga delle blanche - una Opalita di Garlatti Costa o una Freya dell'Acelum. La Lunatica di garlatti Costa, che usa appunto il malto d'avena, forse risulterebbe un po' troppo "ripetitiva": non lo so, dovrei provare.

Sicuramente il Pan di Sorc, con la sua speziatura, non è facile da abbinare: il pensiero è andato subito alla Canipa di Valscura, con le sue dodici spezie, ma chiaramente il rischio - eccetto per i palati forti, che sicuramente apprezzerebbero moltissimo - è quello di strafare. Ci sono comunque una lunga serie di birre natalizie, dalla Krampus del Birrificio del Ducato alla Nadal sempre di Valscura, che farebbero la loro parte. In quanto alla torta di segala, poi, reclamava a gran voce una stout: dalla Songs from the Wood di Foglie d'Erba, alla Verdi del Ducato - senza tralasciare le scure come la Valscura e la Orzobruno -, le possibilità sono innumerevoli. Peraltro, aggiungeteci la serie di pane di frumento, plum cake allo yogurt e pane al grano saraceno, e capite come la sete iniziasse a farsi sentire. E vabbè, non sarà un caso che la birra viene chiamata "pane liquido"....

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